La millenaria Storia di Reggio Calabria inizia dalla fondazione come colonia greca nell’VIII secolo a.C. Fu una fiorente città della Magna Grecia e successivamente alleata di Roma. Poi fu una delle grandi metropoli dell’impero bizantino e fu sotto gli arabi, i normanni, gli svevi, gli angioini e gli aragonesi. Fu toccata da un grave terremoto nel 1783. Entrò a far parte del Regno di Napoli e del Regno delle Due Sicilie e passò quindi al Regno d’Italia.
Nel 1908 subì le distruzioni di un altro terribile terremoto, quindi fu ricostruita in epoca liberty ma poi parzialmente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Crebbe notevolmente nel corso del XX secolo ma nei primi anni ’70 fu protagonista di grandi sconvolgimenti regionali, le cui conseguenze portarono ad un ventennio buio dal quale però, grazie ad una serie di fortunate amministrazioni negli ultimi decenni, la città si è notevolmente ripresa, tornando ad essere secondo i dati demografici, economici e turistici protagonista nel panorama mediterraneo.
Gli insediamenti precedenti e il nome “Italia”
Le leggende, abbastanza verosimili dati i riscontri letterari, parlano di una fondazione della città da parte di Aschenez, discendente di Noè, che sarebbe approdato sulla costa intorno al 2000 a.C., e dal quale originariamente la regione avrebbe preso il nome di “Aschenazia”. La leggenda è ricordata nel nome dell’attuale “via Aschenez”.
Verso il 1500 a.C. sarebbero quindi giunti Enotrio e Paucezio, di stirpe enotria e pelasgica, originari della Siria che, scacciati gli “Aschenazi”, chiamarono la regione “Ausonia” per la sua fertilità, riprendendo il nome della zona più fertile della Siria, l’Ausonide.
La località dunque si chiamava Pallantion ed era abitata dagli Itali, nucleo dei Siculi che non aveva attraversato lo Stretto e si era insediato stabilmente nel territorio corrispondente all’attuale provincia reggina. Costoro dunque si erano chiamati Itali in onore del loro grande Re Italo, figlio di Enotrio, come scrive Dionigi di Alicarnasso; ed il territorio in cui erano insediati aveva assunto il nome geografico di “Italia”, come confermano Tucidide e Virgilio:
Il nome di Italia comprese poi l’intera Calabria, ed in epoca romana fu esteso a tutte le genti colonizzate dell’attuale penisola italiana, che furono chiamate “Genti Italiche”.
Fondazione della città
La città greca venne fondata nel 730 a.C. da coloni provenienti dalla città di Calcide nell’isola di Eubea, madrepatria di diverse altre colonie nella Magna Grecia.
Secondo alcune fonti antiche ai Calcidesi si sarebbero aggiunti anche alcuni Messeni del Peloponneso esuli politici, ma la presenza dorica risulterebbe attestata solo a partire dal VI secolo a.C.
La data della fondazione di Reggio è stata fissata al 14 luglio dell’anno 730 a.C. secondo gli studi effettuati dagli storici prof. Pasquale Amato e mons. Nunnari, confermati dallo storico francese Georges Vallet, su numerosi testi storici antichi, fra i quali Tucidide, emerge chiaramente che intorno a tale data i calcidesi fondarono la colonia di Rhegion, ciò risulta attendibile anche considerando che le imbarcazioni dell’epoca potevano navigare in piena sicurezza solo nel periodo primaverile-estivo.
Gli storici greci Tucidide e Diodoro Siculo (XIII, 23) narrano come l’oracolo di Delfi avesse indicato ai coloni di fondare la nuova città.
Quando si fermarono nei pressi del promontorio di Punta Calamizzi alla foce del fiume Apsìas (l’attuale fiumara Calopinace), avendo intravisto una vite avvinghiata ad un fico selvatico nella località denominata Pallantion (l’attuale zona “fortino a mare” o “tempietto”), decisero di stabilirsi dunque in quel luogo, fondando la prima ????? (polis) greca in Calabria.
Della sacralità del fiume ne è testimonianza la più antica moneta coniata dalla città, raffigurante un toro con faccia umana, che nell’iconografia classica rappresenta la personificazione dei fiumi.
La nuova città prese il nome di Rhegion. Il termine viene riferito nelle fonti antiche al verbo “regnumi”, che significa rompere, spezzare, in ricordo della scissione geologica della Sicilia dalla Calabria. Si è invece sostenuta una sua derivazione dalla radice indoeuropea protoitalica “reg”, con il significato di “capo, re”, in riferimento al promontorio che dominava il panorama dalla penisola e che anticamente costituiva il porto naturale.
L’antica foce del Calopinace con il promontorio di Punta Calamizzi che si protendeva verso la Sicilia, ispirò a Tucidide la definizione:
Gli acroteri erano le decorazioni sommitali dei templi di prestigio, che nel frontone, ai tre vertici, esibivano statue o immagini di potenti divinità, titolari del santuario. Lo storico ateniese volle infatti immortalare in una frase la bellezza, la grazia e la magnificenza della città dello stretto: Reggio sta come una decorazione terminale dell’Italia greca, affacciandosi sul suo mare come un tempio suggestivo e imperante, come fosse il “tempio d’Italia”.
Periodo greco
Rhegion contese a Siracusa l’egemonia dello Stretto, essendo uno dei centri politici e culturali più fiorenti della Magna Grecia, esercitando per un certo periodo sotto il tiranno Anassila influenza anche sulla dirimpettaia città di Zancle.
Frequenti erano i contatti con le città calcidiche dello stretto sulla costa siciliana. Numerose furono le guerre che ebbe con Locri (inizialmente alleata, ma poi contrapposta), il cui territorio confinava con quello reggino e ne comprimeva lo sviluppo.
Il vasto stato reggino si estendeva sul mar Tirreno fino al fiume Metauro (l’attuale torrente Petrace nei pressi di Gioia Tauro) e su quello Jonio fino al fiume Halex (l’attuale torrente Galati nei pressi di Palizzi).
Come molte altre colonie che fondarono delle subcolonie, Reggio fondò Pixunte (Pixous) nel 471 a.C. sulla foce del fiume Bussento, identificata oggi probabilmente con la località Policastro Bussentino, frazione di Santa Marina (SA).
Età arcaica
Inizialmente Rhegion fu retta da un governo aristocratico detto “governo dei mille”, costituito da esponenti della discendenza calcidese. Questo governo fu successivamente trasformato in democrazia con l’adozione delle leggi di Caronda (il più importante legislatore delle colonie calcidesi), acquisite dalla città e messe in atto ancor prima delle altre colonie della Magna Grecia. Ciò permise a Reggio tra l’altro di avere una forte politica estera, portando i reggini ad un’alleanza con Locri Epizefìri per contrastare Kroton (Crotone), che insieme sconfissero nel VI secolo a.C. nella celebre Battaglia sul fiume Sagra.
Anassila e l’unione dello stretto
Moneta coniata sotto Anassila, raffigurante su un lato il tiranno vincitore alle olimpiadi, sull’altro la lepre con l’iscrizione
Moneta coniata sotto Anassila, raffigurante su un lato il tiranno vincitore alle olimpiadi, sull’altro la lepre con l’iscrizione “???????” (RHEGINON, cioè “Della città di Reggio”), l’animale fu infatti introdotto da Anassila nelle due città dello stretto, che in quel periodo sotto il suo governo condividevano la moneta con l’immagine della lepre.
Nel 494 a.C. un giovane condottiero della discendenza messenica di nome Anassila, occupò l’acropoli reggina e, rovesciando l’oligarchia che dominava la polis, salì al potere dando inizio alla sua tirannide. Ciò tuttavia non fu un male per la città, infatti il suo governo portò Rhegion ad essere politicamente ed economicamente uno dei centri più importanti del Mediterraneo.
Con l’aiuto della vicina Imera, nel 498 a.C. Anassila occupò Zancle (Messina), che ribattezzò “Messana” in onore della Messenia, patria d’origine da cui provenivano i suoi antenati. Reggio così ottenne il controllo dello stretto con l’unificazione delle due sponde sotto un unico governo.
Successivamente Anassila, minacciato da Gela, Agrigento e Siracusa, si alleò con i Cartaginesi ma fu sconfitto dall’alleanza dorica ad Imera che ebbe la meglio sul piano strategico.
Dopo la morte del tiranno avvenuta nel 476 a.C., i figli ancora bambini furono affidati alla guida di Micito, suo uomo fidato, il quale però non si dimostrò altrettanto abile in politica estera come Anassila; alleatosi con Taranto infatti, Micito tentò di espandere i confini verso nord ma venne ucciso e sconfitto nel 461 a.C. I figli di Anassila, che governavano Rhegion e Messana, vennero così scacciati dalle due città dello stretto. Questo momento segnò la caduta della precedente alleanza che Anassila aveva instaurato con il tiranno siracusano Ierone.
La nuova aristocrazia e l’arrivo dei pitagorici
Il “Leone di Nemea” e la “Mediterranea”
Moneta recante la testa del Leone di Nemea (del 400 a.C.), immagine particolarmente caratteristica della città.
L’effige fu infatti ripresa successivamente per creare il simbolo dell’Università degli Studi di Reggio, a voler ricordare il periodo di splendore artistico e culturale della civiltà reggina durante il quale la moneta fu coniata.
Infatti quando nel 455 a.C. i pitagorici furono scacciati da Crotone, si stanziarono in varie città della Magna Grecia, ma soprattutto a Reggio, dove sorse una delle più grandi scuole pitagoriche che, per la poesia e la letteratura, fece risplendere la città su ogni altra della Magna Grecia, con effetti positivi anche sui costumi, sulle idee, sulla legislazione repubblicana.
Oltre alla scuola pitagorica sorse a Reggio un’importante scuola di scultura il cui massimo esponente fu Pythagoras (Pitagora Reggino), annoverato tra i cinque più grandi scultori dopo Fidia, ciò contribuì non poco ad elevare la città sotto il profilo del gusto estetico ed artistico.
Nel 433 a.C. Reggio stipulò il secondo trattato di alleanza con Atene, riguardo il primo trattato non si dispone di notizie certe ma probabilmente avvenne almeno un decennio prima.
Le guerre con Siracusa e Locri
Nel 399 a.C. la “Democrazia Calcidese” di Reggio rifiutò l’alleanza proposta da Siracusa, ospitando inoltre i suoi esuli Eloride e Fitone. Per questo nel 393 a.C. il tiranno siracusano Dionisio I, dopo aver preso tutte le città siciliane sullo stretto, minacciò i territori reggini al fine di aprirsi un varco verso l’Italia[1]. La crisi si risolse con una tregua che impose delle tasse ai reggini; in effetti Rhegion, secondo quanto tramandano gli storici antichi, disponeva di mura difensive possenti che impedivano agli attacchi siciliani di aver ragione sulla città.
Alleata di Atene, successivamente entrò in guerra contro Locri Epizefiri e Siracusa, ma dopo 11 mesi di assedio Rhegion venne presa e semidistrutta da Dionisio I nel 386 a.C., i superstiti vennero deportati a Siracusa, mentre il generale Fitone che aveva comandato la resistenza venne ucciso.
Le possenti mura di Reggio furono però ricostruite sotto il controllo del figlio Dionisio II, il quale cambiò il nome della città dandole il nome di Febea; la città comunque riuscì a liberarsi dal suo dominio nel 351 a.C..
1: il nome “Italia” anticamente era riferito alla penisoloa calabrese, mentre il nome “Calabria” era riferito a quella salentina.
Periodo romano
La città confederata alleata di Roma e la via Popilia
Nel 351 a.C. per contrastare le incursioni dei bruzi, Reggio chiede aiuto a Roma, la città così riesce a mantenere la propria indipendenza. Dieci anni dopo diviene città confederata ed è alleata della stessa Roma contro Pirro nel 282 a.C., durante le guerre puniche e nelle successive guerre, essendo “socia navalis”.
I collegamenti via terra con Roma erano assicurati dalla Via Popilia, che portava da Reggio fino a Capua, e da lì la Via Appia conduceva fino a Roma. Nel 132 a.C. infatti la magistratura romana decretò la costruzione di una strada che congiungesse stabilmente Roma con la “Civitas foederata Regium”, estrema punta della penisola italica. L’opera fu iniziata dal console Lucio Popillius Lænas e fu poi portata a termine dal pretore T. Annius Rufus (motivo per cui fu chiamata anche via Annia oltre che via Popilia). I centri principali indicati sul “cippo di Polla” erano dunque: Capua, Nuceria, Moranum, Cosentia, Valentia, ad fretum, ad statuam, Rhegium.
Nel 90 a.C. divampa il cosiddetto Bellum Sociale, nel quale gli alleati italici si schierano contro Roma, e Reggio è l’unica città del bruzio toccata dalle operazioni militari: Marco Lamponio, Tiberio Clepirio e Ponzio Telesino a capo dell’esercito italico cercano di conquistarla per farne base ideale per l’invasione della vicina Sicilia, ma il proprio pretore dell’isola Caio Norbano la soccorre, e a lui per riconscenza la città dedica una statua di cui si rinviene la base iscritta.
Prosperoso municipio dell’impero romano
Nell’89 a.C., terminato il bellum sociale, Reggio diviene municipium romano, e in particolare “municipium cum suffragio”, conservando cioè la libertà di governarsi con leggi proprie, e di parlare la lingua greca, come premio alla sua fedeltà a Roma.
In età augustea prese il nome Regium Julium, probabilmente in onore di Giulio Cesare Ottaviano che la popolò con la sua Gens Giulia. Allo stesso Ottaviano divenuto imperatore Augusto i Reggini dedicarono una statua, di cui si rinvenne nel 1920 la base con l’iscrizione “AUGUSTI”. La città comincia quindi ad avviarsi verso una lenta romanizzazione della lingua e dei costumi, si afferma il concetto di stato unitario tipico della Roma repubblicana ed imperiale, quindi Reggio perde autonomia istituzionale. In questo periodo le case di Rhegium sono servite da acquedotti che attingono dalla fiumara dell’Annunziata e nei pressi di via Reggio Campi; tra i tanti, un grande serbatoio/cisterna ellittica fu rinvenuto in via Acri.
La lenta latinizzazione della città permetteva di mantenere il greco, che veniva utilizzato dal ceto dirigente e dai mercanti che intrattenvano rapporti commerciali con l’Africa, l’Egitto e le coste dell’Asia minore; di queste assidue frequentazioni con l’oriente ne è testimonianza l’architrave marmoreo con iscrizione latina del tempio di Iside e Serapide del I secolo a.C.
Regium Julium fu amministrata (secondo le testimonianze del II secolo d.C.) dai quadrumviri quinquennali con amministrazione di giustizia ed edilicia potestate, e per tutta l’età imperiale, nonostante i numerosi terremoti, fu tra le più importanti città dell’Italia meridionale. Mantenne a lungo la lingua e le tradizioni greche. Nel IV secolo fu residenza del governatore (corrector) della provincia di “Lucania e Bruzio”. In questo periodo sorgono numerosi edifici romani, tra cui il Pritaneo ed il Tempio di Apollo Maggiore (del quale si ignora oggi l’ubicazione), resti di un grande Ninfeo furono ritrovati nei pressi della stazione lido e di terme a Piazza Italia. L’abbondanza di acqua permise la costruzione di impianti termali pubblici e privati lungo il mare e all’estremità del Lungomare, indizio di civiltà raffinata e centro di vita mondana, attestata da un’iscrizione del 374 d.C., rinvenuta ne 1912 dove oggi sorge la Banca d’Italia, tra il Corso Garibaldi e la via Palamolla che narra com e il governatore Ponzio Attico fece ricostruire le terme pubbliche dopo il terremoto del 305 d.C. e restaurare il vicino palazzo del tribunale.
Inizio del Cristianesimo e caduta dell’Impero romano
La città fu tra le prime della penisola ad essere influenzata dal cristianesimo, come è attestato negli Atti degli Apostoli (XXVIII, 13), infatti San Paolo nel suo terzo viaggio che lo condusse da Malta a Roma, nel 61 fece tappa a Reggio.
Punto obbligato di passaggio verso la Sicilia, Regium Julium fu saccheggiata e distrutta da Alarico nel 410 e, per la sua posizione, divenne dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, uno dei principali obiettivi degli eserciti che invasero l’Italia.
Invasioni barbariche e periodo bizantino
Caduto l’Impero Romano d’Occidente, durante il periodo delle invasioni barbariche Reggio fu minacciata numerose volte, dopo il saccheggio dei Visigoti di Alarico nel 410 seguì la guerra greco-gotica con l’assedio da parte degli Ostrogoti di Totila nel 549. Sotto l’imperatore bizantino Giustiniano la città fu conquistata nel 536 dalle truppe guidate da Belisario, Reggio quindi fu provvista di mura e fortificazioni.
Per più di cinque secoli la città fece parte dell’impero di Bisanzio, durante il quale rifiorì culturalmente e politicamente divenendo nel VI secolo capoluogo del Bruzio.
Con il nuovo benessere economico sotto l’imperatore d’oriente Basilio I, la sua sede vescovile fu elevata a “Metropoli dei possessi bizantini dell’Italia meridionale” il che le permise di diventare il nucleo principale della chiesa grecanica meridionale, meta di un continuo afflusso di monaci basiliani, i quali favorirono la massiccia presenza di conventi e luoghi di culto nel territorio reggino; ne sono oggi alcune testimonianze la Chiesa degli Ottimati (vicino il Castello Aragonese), la struttura antica della Cattolica dei Greci (in via Aschenez), la Cattolica di Stilo ed altre ancora.
All’inizio del 900 Reggio fu conquistata dagli Arabi capeggiati da Abû el’-Abbâs, che massacrarono gli abitanti e uccisero il vescovo, ma introdussero la coltivazione del gelso e l’allevamento dei bachi da seta, che si rivelerà poi importante per l’economia reggina.
Nel 909 la città fu ripresa dai Bizantini che ne fecero il centro amministrativo dell’Italia meridionale con il titolo di “Capitale del Ducato di Calabria”, e Reggio divenne di nuovo florida e popolosissima. Per fronteggiare al meglio la minaccia araba, intorno al 1000 i Bizantini ampliarono il castello cittadino (la cui costruzione risale in ogni modo ad un’età più antica), e fecero erigere varie fortificazioni nell’entroterra della città, edificando alcuni kastra, detti anche motte, di cui ricordiamo i quattro principali di Sant’Aniceto, Sant’Agata, Calanna e Cenisio.
Medioevo e periodo normanno-angioino-aragonese
Reggio in una’antica incisione, sono indicate le porte della città, le fortificazioni e le principali chiese. (Gentile concessione)
Reggio in una’antica incisione, sono indicate le porte della città, le fortificazioni e le principali chiese.
(Gentile concessione)
Dal 1001 al 1027 Reggio fu dominata dagli emiri palermitani, ma nel 1060 Roberto il Guiscardo prese la città nominandosi egli stesso Duca di Calabria, nominò la città “sede del giustizierato di Calabria” (senza quindi infeudarla) e riportò la sede vescovile nell’orbita del Papa della Chiesa di Roma; risale infatti a quest’epoca l’istituzione del primo arcivescovato latino che pur lasciando sopravvivere la liturgia ortodossa, impose la gerarchia cattolica. Nel 1085 dopo aver patito un nuovo saccheggio dai Saraceni dell’emiro Benavert, Reggio diventa il ponte strategico per l’occupazione della Sicilia da parte del conte Ruggero d’Altavilla.
Dopo il dominio Normanno la città seguì le alterne vicende di Angioini e Aragonesi, rimanendo sempre e comunque capoluogo regionale. Nel 1267 passata sotto gli Angioini subì un peggioramento delle proprie condizioni economiche e sociali a causa della pressione fiscale e delle guerre degli Angioini (a tale proposito si ricorda che Reggio durante i Vespri Siciliani del 1282 si alleò con gli Aragonesi, tentando invano di liberarsi dal dominio angioino che la occupò ancora per più di un secolo).
Nel 1443 Alfonso il Magnanimo la tolse agli Angioini riducendola a feudo del Regno di Napoli e privandola temporaneamente del titolo di capoluogo regionale che le fu restituito nel 1465 da Ferdinando I di Aragona in seguito ad un’imponente sommossa popolare.
Nella seconda metà del XV secolo la società reggina attraversò una fase di forte sviluppo tuttavia non durevole per l’instabilità del regno aragonese.
Il ‘500
Nel 1502, durante la guerra fra spagnoli e francesi, la città fu conquistata dal Generale Consalvo di Cordova il Gran Capitano ed assoggettata a Ferdinando il Cattolico re di Spagna.
La dominazione spagnola inizialmente non produsse effetti particolarmente svantaggiosi, infatti il titolo di capoluogo della provincia della Calabria Ultra fece registrare nella prima metà del XVI secolo un buon andamento demografico ed una considerevole ripresa economica.
La situazione però precipitò nella seconda metà del secolo, con l’avanzata degli Ottomani nel Mediterraneo e le incursioni dei pirati turchi.
Infatti la città fu saccheggiata nel 1512 dal famoso condottiero turco Khayr al-D?n, più noto col soprannome di Barbarossa; nel 1526 il turco attacca nuovamente Reggio, ma questa volta subisce lo scacco ed è costretto a rivolgere le sue mire altrove. Nel 1594 la città viene nuovamente saccheggiata da Scipione Sinan Cicala, un rinnegato messinese convertitosi all’islamismo.
Nel frattempo il centro urbano fu danneggiato da un evento sismico nel 1562 che fece sprofondare il promontorio di Punta Calamizzi, pivando la città del suo porto.
Oltre a mettere in crisi la produzione ed il commercio, le incursioni turche indebolirono politicamente la città, che per ragioni di sicurezza fu temporaneamente privata del capoluogo della Calabria Ultra.
Il ‘600 e il ‘700
Nel XVII secolo tuttavia cominciò nella zona la coltivazione del bergamotto, agrume originatosi spontaneamente a Reggio, destinato a divenire insieme all’allevamento del baco da seta la principale attività produttiva nei secoli successivi.
Nel corso del Settecento, passata sotto il governo dei Borbone, la città attraversò un periodo di prosperità e notevole crescita demografica, grazie anchre alll’affermarsi dell’agricoltura incentrata sulle colture specializzate del “giardino mediterraneo” (agrumi, gelso, vite, lino e ortaggi).
Lo sviluppo agricolo fu comunque favorito dall’assenza del latifondo e dalla diffusione della colonìa con le piccole proprietà contadine, che incrementarono l’allevamento dei bachi e la produzione della seta grezza nelle filande per il mercato dell’esportazione.
Ben inserita nei commerci internazionali, a Reggio fiorì anche l’industria della lavorazione dell’essenza del bergamotto (oggi DOP), che superò la produzione della seta destinata ad entrare in crisi verso la fine del secolo.
Purtroppo nel 1743 Reggio fu colpita da un’epidemia di peste che ne decimò la popolazione, e nel 1783 fu in parte distrutta dall’ennesimo terremoto, eventi traumatici che intaccarono la stabilità economica e incisero negativamente sull’andamento demografico. La città si riprese lentamente, fu ricostruita secondo il progetto proposto dall’ing. Giambattista Mori, che fece riedificare gli edifici con criteri più razionali e tracciando strade orizzontali ed ortogonali.
Le idee illuministe si diffusero anche negli ambienti culturali reggini, favorendo la nascita di una loggia massonica fondata da Giuseppe Logoteta che però incise poco nel tessuto socio-politico della città a causa dell’attività di prevenzione della polizia borbonica, tesa a stroncare sul nascere ogni velleità rivoluzionaria.
L’800 e il ‘900
Durante la breve fase del governo di Gioacchino Murat alla quale seguì la conquista francese, Reggio subì un rapido processo di modernizzazione con una serie di lavori pubblici quali i ponti sui torrenti Calopinace e Annunziata, l’illuminazione a petrolio del centro storico, la costruzione del Real Teatro Borbonio e l’istituzione del primo liceo.
Elevata a ducato del generale Oudinot, la città fu poi bombardata dalla flotta inglese nel 1810. Tornata ai Borbone che le riconobbero il ruolo di capoluogo di una nuova provincia calabrese, la Calabria Ultra Prima, Reggio fu teatro dei moti risorgimentali del 2 settembre 1847 e nel 1860 fu espugnata dai garibaldini entrando a far parte del Regno d’Italia.
Il 28 dicembre 1908 la città fu nuovamente rasa al suolo da uno degli eventi più catastrofici del ‘900, un grave terremoto seguito da un devastante tsunami, che coinvolse anche Messina e che causò centinaia di migliaia di morti. Reggio quindi fu nuovamente e prontamente ricostruita con molti edifici in stile liberty dagli innovativi criteri antisismici e divenne molto popolosa grazie all’immigrazione dalla provincia.
L’epoca fascista e la “Grande Reggio”
La città si dimostrò inizialmente poco propensa al fascismo, infatti nel 1924 le forze antifasciste ottennero la maggioranza dei consensi alle elezioni politiche e nello stesso anno si svolse anche una manifestazione cittadina, determinata dalla notizia infondata delle dimissioni del governo Mussolini.
In epoca fascista comunque la città allargò l’area del suo comune grazie al progetto della “Grande Reggio”, la cui realizzazione fu voluta caparbiamente dal primo podestà reggino, Giuseppe Genoese Zerbi, che creò un’unica area metropolitana dalla fusione dei quattordici comuni limitrofi di Catona, Gallico, Ortì, Podargoni, Mosorrofa, Gallina, Pellaro, Cannitello, Villa San Giovanni, Campo Calabro e Fiumara (questi ultimi quattro in seguito staccatisi per costituire il comune di Villa San Giovanni). La popolazione urbana superò così la soglia dei 100.000 abitanti.
Tra gli anni ’20 e ’30 la città venne rimodernata con la costruzione di nuovi quartieri. Sorsero i rioni di edilizia popolare e si costruirono diverse strutture pubbliche quali la Stazione Ferroviaria, il Museo Nazionale della Magna Grecia e il Teatro Comunale Francesco Cilea.
La Seconda Guerra Mondiale coinvolse direttamente la città che nel maggio del 1943 fu ripetutamente bombardata dagli alleati angloamericani, ed il 3 settembre le truppe dell’ottava armata anglo-americana del generale Montgomery la occuparono, insediandovi una nuova amministrazione comunale della quale il primo sindaco fu Antonio Priolo (poi divenuto sottosegretario nei governi Parri e De Gasperi).
Le elezioni per l’assemblea costituente e quelle amministrative del 2 giugno 1946 videro prevalere la Democrazia Cristiana, che delineò la nuova fisionomia politica della città per lungo tempo prevalentemente cattolica e moderata.
In questo periodo un considerevole fenomeno d’inurbamento portò la popolazione ad aumentare sensibilmente raggiungendo la quota di 165.882 abitanti (censimento del 1971).
Storia recente
I “Fatti di Reggio”
Per molte ragioni tra cui il fatto che Reggio è un porto, è più vicina alla Sicilia, è una delle città più antiche d’Italia, il cuore politico e religioso della Calabria, nonché la città più antica e popolosa della regione, è sempre stata la città più importante dei territori che oggi costituiscono la Calabria.
Per questi motivi, nell’Italia repubblicana, è stata capoluogo della regione Calabria fino al 1970, anno in cui le fu tolto il primato in favore di Catanzaro. Ufficialmente la decisione fu presa per ragioni di collocazione geografica, ma secondo molti (opinione pubblica, stampa e studiosi) questo spostamento avvenne per ragioni politiche e fu una scelta discutibile, soprattutto alla luce della storia seguente che dimostrò l’isolamento politico-amministrativo nei decenni successivi.
Questa scelta provocò la rivolta dei Reggini che portò ai “Moti di Reggio” (luglio 1970 – aprile 1971) durante i quali i cittadini protestarono duramente resistendo alla repressione militare messa in atto dallo stato, con atti di “guerriglia urbana”, fianccheggiati dal sindaco Pietro Battaglia e dal leader della rivolta Ciccio Franco, il quale utilizzò in tale occasione lo slogan “Boia chi molla” (di D’Annunziana Memoria). I moti furono duramente repressi dal massiccio intervento di carabinieri, polizia e reparti dell’esercito, con un bilancio complessivo di cinque morti (in circostanze ignote ancora da verificare), centinaia di feriti e migliaia di arresti. Tuttavia Reggio è oggi sede del Consiglio Regionale della Calabria, l’unico fra i compromessi politici mantenuti dal governo, gli altri riguardanti impianti per il rilancio industriale e commerciale infatti non furono mai attuati, rivelandosi quindi secondo l’opinione pubblica mere promesse di circostanza.
A seguito dei moti reggini seguì un periodo di grande difficoltà economica e politica, con il passare degli anni la città cadde in un profondo stato di torpore, di appiattimento sociale e culturale (degrado urbano, abusivismo edilizio, guerre di mafia), con molte promesse governative di sviluppo non mantenute come il mancato decollo dei poli industriali di Saline Joniche e di Gioia Tauro, la crisi delle attività agricole tradizionali, quindi l’intensificarsi del flusso migratorio, soprattutto giovanile, in direzione delle regioni del Centro-Nord. Ma la situazione fortunatamente era destinata a cambiare.
La “Primavera di Reggio”
Questo periodo durò all’incirca fino alla fine degli anni ’80 finché non cominciò la cosiddetta “Primavera di Reggio” con il sindaco Italo Falcomatà, il quale con straordinaria forza d’animo e l’esortazione a “Reinnamorarsi di Reggio” riempì gli animi dei cittadini dando vita ad un periodo di forte rinascita.
Nel 1982 l’Università degli studi di Reggio (nata nel 1968) diventa università statale, ed oggi prende il nome di Università degli Studi “Mediterranea”. Negli anni ’90 sotto Falcomatà la città assiste ad una ripresa socio-culturale del territorio, vengono portati a termine i lavori (fermi da più di venti anni) sul lungomare, ammirato e decantato da Gabriele D’Annunzio come “il più bel chilometro d’Italia”, che dopo la scomparsa del sindaco prenderà il suo nome.